Allegri, Spalletti e Sarri: la Toscana è la terra dei fuochi (calcistici)
Massimiliano Allegri, Luciano Spalletti e Maurizzio Sarri. Non a caso tre toscani. Li cito in rigoroso ordine di classifica, ma siamo di fronte al più classico caso in cui mescolando gli addendi il risultato non cambia. Sono loro i tre allenatori più in vista e più bravi del nostro campionato. Sono loro che esaltano, dividono e decidono. La storia dice che Livorno, Certaldo, e Figline Valdarno, le terre in cui sono cresciuti (anche se Sarri è nato a Napoli) sono “tre lingue completamente diverse” della stessa Toscana. Te ne accorgi subito, quando ti trovi in conferenza con uno dei tre o se li ascolti semplicemente parlare in tv: Allegri dice e non dice, Sarri nasconde, Spalletti è un fiume in piena. La conseguenza naturale del loro modo di fare calcio ma soprattutto dei loro caratteri diversi, è l’attenzione mediatica. Quasi morbosa.
ALLEGRI IL DURO – Prendiamo Masismiliano Allegri, per esempio. Si avvia a vincere il terzo scudetto di fila (e sarebbe il sesto dopo i tre di Conte) con la Juve, ha centrato subito una finale di Champions, persa, sta battendo record su record in Italia e in Europa, ma comunque quel suo modo di fare, non va giù. Mica a chi scrive, sia chiaro, ai suoi stessi calciatori: Mandzukic che sbuffa, Lichtsteiner che discute, Dybala che si rifiuta di stringergli la mano e poi il “caso Bonucci”: checché ne dicano i tifosi juventini, è un caso che pesa. Se allegri non avesse messo in tribuna il difensore più forte del nostro campionato nessuno se ne sarebbe accorto: tutti avremmo pensato che quella litigata in una sfida già decisa contro il Palermo, sarebbe finita lì. E invece no, il nostro, stufo di uno spogliatoio propenso ad alzare la cresta, gliel’ha abbassata. Punendo il giocatore più rappresentativo. Toscano coraggioso.
SPALLETTI, TOTTI E LO STADIO – Passiamo a Spalletti: ha fatto bella la Roma come nessuno. Qualche anno fa e anche oggi. Ha dato una seconda vita calcistica a Totti allora, inventandolo falso nove, e adesso provoca tutti quelli, i giornalisti, che hanno scritto che è tornato nella capitale anche per mettere la parola fine sulla carriera del Capitano.: “Voi non mi state simpatici ed io vado via anche se vinco il triplete se non rinnovano il contratto a Totti“. Traduciamo? Vi sto dimostrando che si può vincere anche senza di lui. Ma me lo tengo. Poi ruba il microfono a un collega e il suo appello diventa un hashtag: “#Famostostadio a Roma”. Toscano virale.
E INFINE SARRI – Prendete il Napoli, guardatelo giocare, poi chiudete gli occhi e pensate a un nome. Inevitabile, Maurizio Sarri. Marchio di fabbrica, per una squadra che sta dimostrando in Italia, ma perché no anche in Europa, che è possibile anche divertire giocando a pallone. Fino alla notte di Madrid, quando al cospetto dei mostri il Napoli esce battuto, ma non umiliato, e la gestione Sarri provoca le ire di Aurelio De Laurentiis: “Ho comprato dei giocatori, perché non li fa giocare ma si affida sempre agli stessi?“. Sarri incassa, sa farlo. Ma, ricordiamocelo, uno che “si arrapa” prima di una grande partita, poi si incazza anche. Toscano silenzioso.